Nell’immaginario collettivo, le coupé sono auto sportive, esclusive, e appannaggio di un pubblico particolarmente facoltoso. Sin dagli albori dell’automobilismo di massa, queste declinazioni in salsa sportiva dei modelli di serie hanno in effetti occupato nicchie di mercato riservate a ricchi appassionati.
Il motivo per cui le varianti più estreme delle tranquille berline entravano nei saloni dei concessionari, è sempre stato legato alla presenza dei Costruttori nelle competizioni. In Europa soprattutto, i regolamenti tecnico-sportivi delle varie federazioni imponevano ai marchi la produzione di un numero minimo di vetture da destinare ai normali canali di vendita. Il rispetto di tale regola serviva per poter ricevere l’omologazione, e quindi iscrivere l’auto alle competizioni internazionali.
Regolamenti di questo genere sono stati in vigore almeno fino agli anni ’80 per iscrivere le vetture di serie opportunamente modificate in svariate categorie, dal Turismo al Rally. I Costruttori, per poter gareggiare ufficialmente nelle più prestigiose competizioni automobilistiche internazionali, non esitavano a produrre auto in serie equipaggiate di raffinatissime soluzioni tecniche.
Le stesse soluzioni, data la necessità di rientrare economicamente dagli ingenti investimenti, andavano ben presto a equipaggiare le vetture di serie. Grazie allo sviluppo di innovative tecnologie destinate alle corse, le coupé dell’epoca d’oro dell’automobilismo hanno così contribuito a democratizzare la mobilità di massa.
L’intero comparto automotive ha tratto giovamento da questo travaso di conoscenze, ed è anche per questo che oggi le auto di serie possono vantare livelli di prestazioni e sicurezza inimmaginabili, rispetto ai modelli di pochi decenni fa.
Tecnologie da corsa sulle auto di serie
Sono innumerevoli i casi da poter citare in questo senso, e non basterebbe un’enciclopedia per riportarli tutti. Tra i tanti esempi, non possiamo dimenticare il caso Alfetta. Nata nel 1973, L’Alfetta Alfa Romeo era chiamata a sostituire la 1750 nel ruolo di ammiraglia in listino.
Lo schema meccanico al quale i progettisti si sono ispirati era strettamente derivato dall’Alfa 158, vincitrice del primo campionato del mondo di Formula 1 nel 1950. La disposizione degli organi meccanici riprendeva lo stesso schema chiamato Transaxle della 158, che garantiva una perfetta distribuzione dei pesi tra l’asse anteriore e quello posteriore.
Insieme al ponte posteriore De Dion, la soluzione garantiva all’auto doti dinamiche inarrivabili dalla concorrenza. La produzione su scala industriale permise al grande pubblico di viaggiare con livelli di sicurezza mai visti prima d’ora, per una vettura di serie.
Altra grande innovazione arrivata dalla F1, il turbo: Renault in questo senso è stata l’apripista, riuscendo ad essere il primo costruttore ad ottenere punti mondiali con motori sovralimentati. Siamo alla fine degli anni ’70, e il travaso sulle auto di serie è stato pressoché immediato. Dai leggendari modelli anni ’80, la tecnologia del turbo continua a equipaggiare le vetture moderne.
Altro esempio di tecnologia nata per le corse, e destinata a rivoluzionare la mobilità di tutti i giorni è senza ombra di dubbio il cambio automatico. Siamo sempre in Formula 1, questa volta nel 1979. Il geniale progettista John Barnard, alle prese con la progettazione della Ferrari che avrebbe dovuto correre il mondiale successivo, mise a punto il primo cambio semiautomatico elettroattuato. La soluzione venne adottata qualche anno dopo, rivoluzionando per sempre il mondo delle competizioni.
Le auto con cambio automatico circolavano sulle strade di tutto il mondo già da molti anni, soprattutto negli Stati Uniti. Il sistema elettroidraulico alla base del progetto di Barnard tuttavia ha stravolto i paradigmi del cambio automatico per come lo conoscevamo all’epoca. Oggi, tutte le vetture di serie con trasmissione automatica fanno uso di tecnologie che derivano dall’invenzione di Barnard.